19 giu 2011

I SIGNIFICATI EMOTIVI E SIMBOLICI DEL COLORE



Nonostante le differenti interpretazioni che si riscontrano nelle varie culture ed epoche storiche, i colori rappresentano in ogni area geografica e a ogni livello di conoscenza uno dei riferimenti più significativi della lettura simbolica del mondo esteriore ed interiore. Per ciascuna cultura e per ciascun individuo ogni colore assume un certo significato ed esercita un certo effetto connesso a immagini, contenuti, figurazioni che il soggetto percepisce anche se non conosce. W. Kandinsky definisce il rosso «vivo, acceso, inquieto»; il suo significato simbolico si connette fondamentalmente con il tema dell'energia vitale. Al polo opposto troviamo il blu che J. W. Goethe definisce «un nulla eccitante, una contraddizione composta di eccitazione e di pace». Il giallo, sempre per Goethe, è «il colore più prossimo alla luce. L'occhio ne viene allietato, l'animo si rasserena: un immediato calore ci prende». Il verde, scrive Kandinsky, «non si muove in alcuna direzione e non ha alcuna nota di gioia, di tristezza, di passione, non desidera nulla, non aspira a nulla. È un elemento immobile, soddisfatto di sé, limitato in tutte le direzioni». Risultando dalla composizione di blu e giallo, il verde è descritto da Goethe come un colore statico ed equilibrato, dove «occhio e animo riposano su questo composto come se si trattasse di qualcosa di semplice. Non si vuole e non si può procedere oltre». Come sintesi di rosso e blu, il viola allude all'integrazione degli opposti e delle ambivalenze, il marrone si connette alla terra e al carattere ancestrale femminile e materno, il grigio – che Kandinsky definisce «immobilità desolata» risulta dalla mescolanza del bianco e del nero senza essere né uno né l'altro. M. Luscher scrive che «si distingue per le negazioni. Non è né colorato, né chiaro, né scuro. Il grigio è il nulla di tutto, la sua particolarità è la neutralità più completa». Il nero è dato dall'assenza totale di luce, è perciò connesso all'oscurità, al mondo delle ombre, alla morte. Kandinsky lo definisce «qualcosa di spento come un rogo combusto fino in fondo, qualcosa di inerte come un cadavere che è insensibile a tutto che ciò che gli accade intorno e che lascia che tutto vada per il suo verso». Il bianco è la fusione di tutti i colori dello spettro, in quanto non contiene alcuna dominanza che lo faccia propendere verso qualche colorazione, il bianco è simbolo della purezza, quindi dell'innocenza e della castità. Kandinsky lo definisce come «un silenzio che non è morto, bensì ricco di possibilità, è un nulla giovane o, più esattamente, un nulla anteriore al principio, alla nascita. Così risuonava forse la terra nei bianchi periodi dell'era glaciale». Nell'esperienza percettivo - emotiva i colori vengono spesso associati ai suoni per cui, ad esempio, i suoni alti richiamano generalmente colori chiari e i suoni bassi colori scuri; in alcuni soggetti si verificano fenomeni di sinestesia talché, simultaneamente all'audizione, essi percepiscono determinati colori. C. G. Jung avanza l'ipotesi che la preferenza individuale per determinati colori abbia corrispondenze con la funzione che caratterizza il tipo psicologico perché a suo parere l'azzurro corrisponde al pensiero, il rosso al sentimento, il giallo all'intuizione e il verde alla sensazione. Dal canto loro R. Scholl e O. Kroh hanno messo in evidenza che alcuni individui percepiscono prima il colore e altri la forma dell'oggetto, stabilendo che i primi sono tipi vivaci, estroversi, affabili e a volte superficiali e scarsamente critici, mentre i secondi sono solitamente timidi, riservati, ambiziosi, critici e restii al cambiamento. Esistono infine alcuni test di personalità, come il test di Luscher o la piramide di Pfister, in cui alla preferenza di un colore vengono associati determinati tratti psicologici.

15 giu 2011

ROMANTICISMO E NEOCLASSICISMO

Il Romanticismo è un fenomeno culturale di enorme portata che oltre alle arti visive comprende anche la musica, la filosofia, la letteratura. Ha rappresentato anche un modo di essere, uno stile di vita.
Si diffonde in Europa nella prima metà dell'800, e si forma già dalla fine del secolo precedente, parallelemente al Neoclassicismo. Rispetto agli altri paesi europei, il Romanticismo italiano si sviluppa con un certo ritardo e assume caratteristiche diverse.
Nel complesso, il Romanticismo si pone come un rovesciamento delle regole, rispetto al Neoclassicismo.
Soprattutto sono opposti i due modi di vedere e sentire la natura: la visione neoclassica si accosta al pensiero dell'illuminismo e segue un criterio di ordine, semplicità e razionalità. La visione romantica riscopre il sentimento e la passione, subisce il fascino del mistero, dà più importanza alla dimensione irrazionale e al mondo delle emozioni. L'estetica romantica si esprime con il colore, la fantasia, la complessità, il dinamismo, e una componente espressionistica piuttosto evidente.
Nell'arte, Classicismo e Romanticismo aprono due grandi strade espressive, apparentemente contrarie, ma essendo appartenti allo stesso contesto culturale e e storico presentano molti punti di collegamento. Infatti nelle opere di gran parte degli artisti attivi nella prima metà dell'800 sono spesso presenti elementi stilistici appartenenti ad entrambe le visioni estetiche. E' il caso ad esempio dell'opera di Fussli. Ma anche in artisti decisamente romantici come Gericault e Delacroix ci sono dei particolari classicheggianti. E' più difficile invece rintracciare elementi classici nella pittura di Friedrich e Turner.
Eppure gli artisti romantici si oppongono vivacemente a quelli neoclassici (come gli intellettuali romantici a quelli illuministi). Ma l'opposizione radicale rimane solo sul piano teorico e delle intenzioni. Gli artisti romantici e neoclassici hanno di fatto la stessa formazione, hanno compiuto gli stessi studi, e possiedono la stessa cultura. Quello che cambia è la reazione espressiva. Di conseguenza le opere appaiono molto diverse tra loro.
Nella pittura di questo periodo, dal punto di vista dello stile si possono riconoscere le componenti più neoclassiche o le componenti componenti più romantiche secondo uno schema di massima.
ELEMENTI NEOCLASSICI
ordine, geometria, proporzoni
forme regolari, pulite
contorni delineati,
razionalità, rigore
visione astratta, distaccata
sobrietà cromatica
ricorso antichità classica
(proporzioni, regolarità, armonia...)
chiarezza espressiva
visioni eroiche, idealizzate
sicurezza, fede nella ragione,
nella scienza, nel progresso
ELEMENTI ROMANTICI
spontaneità, irregolarità, naturalismo
deformazione,
forme indistinte, macchie
fantasia, sentimento, passione
coinvolgimento emozionale
colorismo
ricorso al Medioevo
(spiritualità, sentimento, orgoglio nazionale...)
complessità espressiva
visioni oscure, strane, mistero,
inquietudine, paura dell'ignoto,
misticismo, fondo oscuro dell'anima
Con il romanticismo si coglie nell'arte l'esplosione di un'inquietudine di fondo, ma anche una ricerca di individualità, intesa in due modi: come visione individuale dell'artista attraverso lo stile, la tecnica, la ricerca di un linguaggio originale, personale; o come coinvolgimento emotivo individuale dello spettatore. Mancano il distacco e il tono moraleggiante tipici del neoclassicismo, e che presumono uno spettatore generico. Ogni contenuto viene sempre spinto all'estremo, contro la misura e l'equilibrio neoclassici, spesso si tende all'eccesso. C'è anche una ricerca di assoluto che rinvia alla filosofia romantica e una riscoperta della dimensione del sacro.
http://www.arte-argomenti.org/saggi/delacroix.htm

LA LIBERTA' CHE GUIDA IL POPOLO - DELACROIX -

LA LIBERTA’ CHE GUIDA IL POPOLO

A cura di Marco Menna
Una delle più celebri rappresentazioni artistiche della libertà è “La libertà che guida il popolo”, del pittore francese Eugène Delacroix (1798-1863), dipinta nel 1830, ma esposta al Louvre in modo permanente solo a partire dal 1861. L’opera, infatti, fu giudicata “eccessivamente propagandistica”, nonostante fosse stata acquistata dallo stesso Stato francese.

Il dipinto nasce in relazione ai moti rivoluzionari del luglio 1830 che, in soli 3 giorni (dal 27 al 29), portarono al rovesciamento del regno di Carlo X e all’instaurazione della monarchia costituzionale sotto Luigi Filippo d’Orléans. Fu un grande evento storico che vide la popolazione parigina, dopo gli anni della Rivoluzione Francese, ancora una volta protagonista sulle barricate.

Il 16 ottobre 1830, Delacroix scrisse a tale proposito: “Ho cominciato un tema moderno, una barricata; […] se non ho combattuto per la patria, almeno dipingerò per essa”.

L’idea compositiva del quadro deriva da “La zattera della Medusa” di Géricault, che Delacroix ammirava molto e per la quale aveva posato come modello. Vi è un impianto piramidale e una spinta dinamica da sinistra a destra; il movimento è però diverso rispetto al quadro di Gericault: i personaggi della Medusa indietreggiano rispetto all’osservatore, nella Libertà invece avanzano con impeto, come a reclamare la partecipazione all’avvenimento. Il giovane morto seminudo, con un solo calzino a un piede, ricorda, in posizione opposta, il naufrago che sta scivolando dalla zattera.

La libertà è simboleggiata dalla donna al centro del quadro, che avanza sicura a seno scoperto, sventolando la bandiera francese e tenendo ben saldo il fucile. Il suo viso è rivolto indietro, verso i compagni che stanno combattendo; è lo sguardo della libertà che tiene unito e guida il popolo, dove tutti insieme, popolani e borghesi, partecipano alle “tre giornate gloriose”.
La donna - realistica fin nella peluria sotto le ascelle - è protagonista indiscussa del momento tumultuoso; tuttavia, essendo ritratta come fosse una dea, assume un valore allegorico che segue la tradizione. Delacroix dimostra qui tutto il suo talento nel saper armonizzare elementi allegorici e realistici.

Nell’uomo con fucile e cappello a cilindro è riconoscibile il pittore stesso; secondo alcuni critici, il bambino con le pistole avrebbe ispirato la figura di Gavroche, monello parigino che ne I Miserabili di Victor Hugo, muore combattendo eroicamente. Il realismo seicentesco si manifesta anche nei corpi caduti in primo piano, che servono a evidenziare il pericolo e la paura della morte, mentre tutto intorno è il fragore della lotta, che coinvolge borghesi, popolani, soldati e bambini. Tutta la città (di cui si scorgono in lontananza le torri di Notre-Dame) è avvolta nel fumo delle cannonate e degli incendi.

elacroix visse intensamente l’esperienza del Romanticismo, interpretandone il significato più profondo, attraverso la pittura. Nella Libertà che guida il popolo, Delacroix non illustra semplicemente un fatto storico, ma esprime la sua reazione personale, il suo sentimento immediato e profondo di fronte a quel fatto indimenticabile.

13 giu 2011

MUNCH

http://www.fotoartearchitettura.it/munch/
EDVARD MUNCH
"Senza paura e malattia, la mia vita sarebbe una barca senza remi.”
Biografia
Edvard Munch nacque nel 1863 a Löten (Norvegia). Da giovane studiò inizialmente nella sua terra, vincendo una borsa di studio che gli permettè di trasferirsi a Parigi, che all’epoca era considerata la capitale dell’arte, dove studiò gli impressionisti. In seguito si spostò in diverse città europee, mentre si consolidava l’amicizia che lo legava a Van Gogh e a Gauguin. Maturò una cultura letteraria e intellettuale non indifferente.
Egli apprese la lezione dell’Avanguardia francese, dell’impressionismo, ma capì che la sua strada era un’altra e iniziò così a dare vita a uno stile proprio, per il quale sarà riconosciuto come il precursore dell’espressionismo tedesco. Trattò con grande originalità ed efficacia anche l’incisione e la xilografia.
Nel 1908 dopo un periodo trascorso presso una clinica di Copenaghen a causa di una psicosi ossessiva che gli procurò dilanianti manie di persecuzione e persino una paralisi degli arti, Munch tornò in Norvegia, scegliendo di vivere lontano dalla città, rifugiatosi in un villaggio, a contatto con la natura. I suoi quadri diventarono baluardi contro la pazzia, anche se la sua pittura continuava ad esternare rapporti con il mondo combattuti e sofferti, come nel rapporto con l’amore, di cui Munch parlava come connubio inquietante tra eros-thanatos.
Morì a Ekely nel 1944 a causa di una brutta polmonite.

L’angoscia nelle opere di Munch
Munch si ispirò alla filosofia di Kierkegaard e ha il merito di aver contribuito alla sua diffusione al di fuori dei paesi scandinavi, all'interno dei quali era rimasta confinata per tutto l'Ottocento. Nei suoi quadri Munch esprime infatti i temi dell'esistenzialismo cristiano di Kierkegaard e, in particolare, quelli dell'angoscia e della disperazione in quanto sentimenti che manifestano la finitezza e la conflittualità interna dell'io.
Munch stesso affermava "La mia arte ha le sue radici nelle riflessioni sul perché non sono uguale agli altri, sul perché ci fu una maledizione sulla mia culla, sul perché sono stato gettato nel mondo senza poter scegliere…" e in queste tele, emerge proprio tutta la sua disperazione, il suo voler essere interprete della coscienza umana.
Dopo la perdita della madre e della sorella, la morte divenne per lui un elemento costante, al punto che egli affermava di non aver mai superato l’infelicità di allora, e di aver sempre vissuto solo con malattie e morte. Non stupisce che tutte le sue tele, dunque, siano popolate da spettri della mente, da fantasmi dell'anima, da inquietanti presenze dai volti simili a teschi, che in una immobilità glaciale, sembrano fissarci, situati in paesaggi nei quali i cieli si tingono di rosso sangue o di viola.
Munch replicava instancabilmente i suoi soggetti, le proprie ossessioni, alla ricerca di una soluzione al dolore.

“L'URLO - IL GRIDO”

(1894 olio, tempera e pastello su cartone; cm 91 x 73,5 rubato dal Nasjonalgalleriet)

“Il grido” (o “L’urlo”, come viene spesso chiamata l’opera nella traduzione italiana), fa parte di una serie di opere realizzate da Munch tra la fine dell’ottocento ed i primi del novecento e che l’autore stesso ha idealmente raccolto in una serie intitolata “Fregio della vita”.
Dell’opera esistono altre versioni, di cui alcune incisioni in bianco e nero che anticipano le versioni rese a colori. Una versione a colori anticipa di un anno questa prescelta: è un olio su tavola cm 83,5 x 66 ed è conservata ad Oslo al Munch Museet.
La prima impressione che l’osservatore ha guardando questa particolare opera di Munch, è, appunto, di angoscia. Attraverso la forma ed i colori quest’opera riesce dunque a trasmettere una sensazione a livello dell’inconscio. L’opera agisce nell’animo stesso dell’osservatore perché è espressione diretta dell’animo dell’autore. Colori irreali, contrastanti, contorni dissolti, forme indefinite sembrano emergere dalla dimensione del sogno. La prospettiva, tesa e obliqua, dà al ponte una lunghezza allucinante, resa soprattutto dal contrasto cromatico e dalle linee ondulate che partendo dalla sagoma dell’uomo si propagano per tutto il dipinto.
Il tapparsi le orecchie è una figura che compare anche in un’altra opera di Munch, raffigurante la sorella sul letto di morte della madre; inel caso del grido, le mani portate alle orecchie non servono però a non sentire un urlo che parte da dentro e si propaga verso l’esterno.
“Una sera passeggiavo per un sentiero, da una parte stava la città e sotto di me il fiordo. Ero stanco e malato. Mi fermai e guardai al di là del fiordo - il sole stava tramontando - le nuvole erano tinte di un rosso sangue. Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando”.
(Edvard Munch, spiegazione del grido)

"IL VAMPIRO"

(1893-1894, olio su tela, 91 x 109 cm, Munch Museet, Oslo)

Come detto precedentemente, per Munch l’amore era un connubio inquietante tra eros-thanatos, come si evince da quest’opera, in cui i capelli della figura femminile diventano una rete di filamenti di sangue che inglobano la testa dell'uomo, che viene privato della vita con un morso.
Munch vede la donna come il centro di uno sconvolgente mistero sessuale, di cui avverte la profondità senza però essere capace di poterlo analizzare o sondare, poiché è privo degli strumenti adeguati. Proprio questa impossibilità di analisi farà sì che egli veda nella donna una figura minacciosa e crudele: da qui l’identificazione della donna con la figura mostruosa del vampiro. In altri dipinti invece, rimosse per il momento le torbide implicazioni sessuali, la donna è vista sotto gli aspetti sereni della madre e della figlia.


Le forme ed i colori dell'angoscia / EDVARD MUNCH




Disposizione fondamentale che ci pone di fronte al nulla per Martin Heidegger. Vertigine della libertà per Soren Kierkegaard. E' l'angoscia, uno stato d'animo che accompagna l'uomo quando si ritrova a dover fare i conti con il senso del proprio essere senza chiari riferimenti in uno stato perenne di anomia (assenza di norme), tipico dei periodi di decadenza. L'esistenzialismo in pittura nasce nel nome e sotto il segno di Edvard Munch (1863-1944).

La passione, la vita e la morte sono i suoi temi prediletti. L'inclinazione all'oscurità più profonda dell'animo viene espressa con l'uso di colori violenti e irreali, linee continue ed immagini deformate. Tragici gli avvenimenti che segnarono la sua infanzia: la morte della madre e della sorella, logorata dalla tisi sotto i suoi occhi, che lo porteranno a scrivere:
"Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori e io sarò dentro di loro: questa è l'eternità".


La pittura di Munch è permeata dal senso incombente e angoscioso della morte. In quest'ottica anche l'amore è visto come l'affiorare di un'animalità primitiva e insopprimibile. L'utilizzo del rosso, soprattutto, è dovuto alla lunga permanenza presso il capezzale della sorella, trauma che influenzerà le scelte tonali dei suoi dipinti.